Nuovo round tra l’UE e Huawei sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche
martedì 28 ottobre 2025
Due eurodeputati chiedono misure immediate e vincolanti per escludere fornitori ad alto rischio dalle infrastrutture critiche europee, con l’obiettivo di limitare la dipendenza da fornitori non europei. Sebbene la lettera non nomini esplicitamente Huawei, è chiaro che il focus sia sul gruppo cinese, leader nel solare europeo, dove Huawei detiene la quota maggiore. La proposta arriva in un periodo di grande sensibilità politica ed economica, poco prima di un’inchiesta belga su presunti pagamenti illeciti legati a lobbying e in un contesto di trattative su come accelerare la transizione energetica mantenendo le reti sicure.
La richiesta spinge la Commissione a formalizzare una linea più severa sui fornitori non europei in settori chiave come l’elettronica di potenza, le reti digitali e i sistemi di accumulo per l’energia fotovoltaica. Questi componenti costituiscono il “nervo” della rete elettrica: se controllati da soggetti esterni, possono diventare vulnerabilità strategiche.
Il tema della dipendenza tecnologica emerge forte: l’avanzata di inverter, batterie e sistemi di monitoraggio potrebbe legare l’Europa a una piattaforma esterna. Huawei è presente in moltissimi impianti italiani, tedeschi e spagnoli; i dispositivi sono spesso complessi computer, capaci di aggiornarsi da remoto e di modificare parametri di funzionamento, con potenziali rischi se gestiti dall’altro lato.
L’indagine belga su presunti pagamenti illegali legati a lobbying coinvolge Huawei: otto arresti in Belgio, Francia e Portogallo. Nonostante l’iniziale esclusione dall’associazione SolarPower Europe, Huawei è rientrata con una condizione: non partecipare attivamente alle attività di lobby, a tutela della normativa europea sui conflitti di interesse.
Il cuore del dibattito resta: Huawei è tecnicamente essenziale nella filiera dell’elettronica di potenza e sostituirla rapidamente sarebbe complesso ed oneroso. La Commissione ha adottato un approccio graduale, ma la lettera di Groothuis e Lexmann segnala una svolta politica verso misure vincolanti che potrebbero cambiare le dinamiche del mercato europeo dell’energia.
In Italia Huawei è tra i principali fornitori di inverter e sistemi di controllo. Un divieto europeo comporterebbe standard tecnici e procedure di sostituzione graduale; sostituire subito l’esistente comporterebbe costi elevati e ritardi nella crescita del fotovoltaico. L’episodio evidenzia anche la necessità di rafforzare una filiera interna di elettronica e software per l’energia, per bilanciare sicurezza e velocità della transizione. È una questione di sicurezza informatica legata alla trasformazione verde: l’equilibrio tra autonomia tecnologica e competitività economica deciderà la direzione della prossima fase.