Una riserva di carbone per la sicurezza nazionale
mercoledì 8 ottobre 2025
Governo e ministeri hanno deciso di tenere in stand-by centrali a carbone, invece di spegnerle. L’obiettivo è avere una riserva contro possibili rincari del gas dovuti a crisi impreviste. Per questo sono previste compensazioni agli impianti Enel che permettano di tenerli pronte, senza fermarli.
Attualmente restano attive quattro centrali a carbone, ma la produzione è nulla o quasi. Nei primi otto mesi hanno generato 1,9 TWh su una domanda di circa 207,3 TWh, meno dell’1%. Il piano di eliminazione graduale, approvato nel 2017 e confermato dal Pniec luglio 2024, prevede spegnimenti entro il 2025 delle centrali Enel a Civitavecchia e Brindisi, mentre Sulcis e Fiume Santo restano operative fino al completamento del Tyrrhenian Link (2027-2029). Il phase-out riguarda circa 4.650 MW, di cui 1.000 MW in Sardegna.
Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin annuncia di voler modificare il programma: comunicheremo alla Commissione europea che non produrremo più energia da carbone, ma non smantelleremo gli impianti, considerandoli infrastrutture strategiche per la sicurezza nazionale. Bisogna definire quali siano, in accordo con le autorità europee.
Pichetto sottolinea motivi di sicurezza: l’Italia può considerarsi autosufficiente solo riaprendo, se serve, le centrali tenute come riserva. Oggi il carbone è meno competitivo perché il gas costa circa la metà. Ma in scenari geopolitici inaspettati il carbone verrebbe visto come garanzia di disponibilità e come requisito nazionale.
A margine, si definirà la procedura legale per mantenere le centrali in stand-by e si valuteranno compensazioni economiche. Se l’Ue approverà la modifica del Pniec, sorgerà una norma per stabilire tali importi. Enel riceverà entrate da questa soluzione, mentre i costi di smantellamento verrebbero rinviati.
Terna, finora, non ha approvato l’uscita dal carbone: ritiene sia una riserva strategica legata a limitazioni di gas, non un problema di adeguatezza del sistema. Molti esperti rinnovabili criticano l’idea, sostenendo che la vera sicurezza è nell’aumento di fonti come sole ed eolico.
In ogni caso, mantenere una 'riserva fredda' pagata dallo Stato rischia di apparire un passo indietro verso la decarbonizzazione, favorendo solo Enel. La strada resta incerta: potrebbe emergere un compromesso tra sicurezza nazionale e continuità della transizione energetica, oltre a sostenere l’occupazione nazionale.